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A Bolzano la sorpresa dei vitigni autoctoni italiani

A Bolzano la sorpresa dei vitigni autoctoni italiani

Autochtona 2017 identità del territorio e dei suoi vitigni

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23/10/2017

Quando iniziai a scrivere in questo blog decisi di dedicarmi a scoprire e a fare scoprire ai miei lettori i vitigni autoctoni italiani. Comprai “Native wine grapes of Italy” scritto da Ian D'Agata (University of California Press, 2014) e, appena il corriere di Amazon mi consegnò il libro, capii dal peso importante che sarebbe stato un compito molto lungo e difficile.

Infatti i vitigni autoctoni italiani sono ben 377, ma sto parlando solo di quelli classificati come varietà geneticamente distinte e che sono utilizzate per fare vini in volumi commercialmente significativi! D'Agata reputa che i vitigni “nativi” italiani siano molti di più (oltre 500) e questo perché non tutte le varietà sono state ancora identificate e probabilmente molte altre giacciono dimenticate in qualche vecchia vigna.

Ciononostante, 377 è un numero impressionante e, considerando che ci sono al mondo 1368 vitigni (Robinson, Harding, Vouillamoz 2012), questo significa che l'Italia è nativa di quasi il 28% delle varietà di vitigni mondiale (più di Francia, Spagna e Grecia messe assieme)!

A questo enorme patrimonio di biodiversità italiana è dedicata la quattordicesima edizione di Autochtona, il forum nazionale dei vini autoctoni che si è svolto il 16 e 17 ottobre a Bolzano: superate le 1.300 presenze, con oltre 80 produttori provenienti da 16 regioni diverse d’Italia, per un totale di quasi 400 etichette.

Grazie all'invito di Fruitecom (una giovane e dinamica società modenese di comunicazione che collabora nell'organizzazione di Autochtona) ho potuto degustare vini che personalmente non avevo mai assaggiato. Ad esempio il Foglia Tonda e il Pugnitello dell'azienda Mannucci Droandi (meno conosciuti ma ottimi vini rossi autoctoni toscani) oppure un fantastico vino secco rifermentato in bottiglia ottenuto da Moscato Giallo (un’uva aromatica che cresce nei terreni vulcanici dei Colli Euganei in Veneto). Quest'ultimo vino, prodotto da Maeli, si chiama “Dilì” e ha ottenuto in questa edizione di Autochtona il premio “Speciale Terroir”, assegnato come da tradizione all'etichetta che meglio rappresenta l’espressione del vitigno legato al suo territorio di riferimento.

L'identità del territorio è proprio quello che i vitigni autoctoni riescono a trasmettere a chi li beve. Ne ho avuta la conferma quando, trovandomi a Bolzano che è una delle città italiane con la maggior superficie vitata, ho colto l'occasione per visitare due cantine i cui vigneti si affacciano come terrazze nel panorama della città.

Della cantina Malojer Gummerhof mi sono portata dietro la simpatia di Alfred e della moglie Elisabeth che mi hanno fatto degustare il Santa Maddalena Classico.

Santa Maddalena è la collina situata a Nord di Bolzano alla confluenza dei fiumi Isarco e Adige dove si coltiva perlopiù uva Schiava che è uno dei vitigni autoctoni altoatesini più amati dai bolzanini. Èun vino rosso pieno e armonioso che si abbina molto bene alla cacciagione e ai formaggi freschi.

Il secondo vino bolzanino è il Lagrein che predilige i terreni alluvionali della conca di Bolzano perché questo vitigno a bacca rossa ha bisogno di terreni sabbiosi e di molta acqua, come mi spiega Hannes Rottensteiner della Tenuta Rottensteiner che produce ben tre differenti vini di questa varietà, tra cui un rosato. Tuttavia nella gamma dei vini Rottensteiner gioca un ruolo fondamentale il Santa Maddalena essendo Rottensteiner la seconda azienda produttrice di questa DOC dell'Alto Adige.

Assieme ad Hannes e alla moglie Judith ho visitato uno dei più antichi masi nelle colline di Bolzano: il maso Kristplonerhof dove vive Evi, la sorella di Hannes che ci ha accolto con vassoi di speck e formaggi altoatesini che, in abbinamento alla Schiava Nobile dell'omonima vigna, ho assaggiato seduta su una vecchia panchina di legno costruita dal loro nonno. Con lo sguardo rivolto alla città di Bolzano giù in basso e ai vigneti che lambiscono i quartieri periferici e addirittura penetrano il centro storico come fossero giardini, mi sono persa nei racconti delle domeniche di festa quando la famiglia si riuniva al maso e pranzava brindando con la Schiava coltivata dal nonno, gli uomini giocavano a carte, le donne chiacchieravano e i bambini si rincorrevano all'ombra della pergola tra i filari delle viti.

 

Mi ha dato una bella sensazione stare seduta su quella panchina di legno e ho pensato che se ogni vitigno autoctono mi regala queste emozioni sarà un piacere scoprirli tutti 377 e anche più!

Monica Maretti

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